Nel corso dell’ultimo decennio, l’evoluzione digitale dell’economia ha dato origine a nuove figure professionali che operano principalmente attraverso i social network e le piattaforme online.
Queste figure, conosciute comunemente come influencer o creator di contenuti, utilizzano la propria immagine e influenza sui social media (generalmente misurata in termini di follower) per generare profitti. Questo fenomeno ha attratto l’attenzione di numerose aziende, che sfruttano la notorietà degli influencer per condurre campagne pubblicitarie, placement di prodotti e sponsorizzazioni, remunerandoli sia in denaro che con beni in natura, come abbigliamento, cosmetici e profumi.
Le previsioni fiscali della normativa italiana.
Attualmente, la normativa fiscale italiana non contempla specifiche disposizioni per la tassazione dei redditi derivanti da questa attività.
Per definire, anche se parzialmente, le linee guida relative alla fiscalità degli influencer dobbiamo basarci sulle indicazioni fornite dalla prassi ministeriale. Sebbene non esista una norma specifica nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) che regoli questi proventi, si discute se essi possano qualificarsi come reddito da lavoro autonomo esercitato abitualmente, da lavoro autonomo esercitato occasionalmente o derivante dallo sfruttamento dei diritti di immagine. La determinazione di ciò dipende non tanto dalla natura, ma piuttosto dai meccanismi di determinazione del reddito stesso.
Una sentenza significativa in merito è quella della Corte di Giustizia Tributaria della Regione Piemonte (n. 219/2/23, famosa per il caso Cristiano Ronaldo), che evidenzia i cambiamenti negli schemi contrattuali legati all’utilizzo della propria immagine per lavoro. La sentenza dimostra come la gestione professionale dell’immagine sia diventata un’attività produttiva sempre più rilevante.
Di conseguenza, si è stabilito che la gestione abituale e professionale dell’immagine corrisponde ai tratti tipici del lavoro autonomo, e quindi i relativi proventi sono soggetti all’art. 53, comma 1, TUIR. La determinazione del reddito avviene sottraendo le spese sostenute per l’esercizio della professione dai compensi ricevuti (salvo i limiti di deducibilità previsti dall’art. 54 del TUIR). A tal proposito si evidenzia come le stesse spese effettuate per l’acquisto del vestiario del contribuente, essendo parte integrante del personaggio e quindi dell’immagine professionalmente spesa, sono deducibili al 50%.
Per quanto riguarda l’IVA, si applicano le regole dell’art. 7-ter, D.P.R. 633/1972, per i servizi generici BtoB, con un’aliquota del 22%.
È inoltre possibile adottare il regime forfettario (art. 1, comma da 54 a 89, L. 190/2014), se i ricavi o proventi non superano gli 85.000 euro. In questo caso, le fatture emesse non includono l’addebito dell’IVA (codice natura N2.2).
I professionisti dello studio Baracco Fornasiero sono a disposizione per approfondire queste tematiche.
Fonti: R. Pellizzari – Influencer e content creator: quali regole fiscali si applicano, IPSOA; S. Cesarato – Aspetti IVA della professione di “influencer”, EUROCONFERENCE NEWS.